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BARI TRA 1400 E 1500 TRA DUCHI E DUCHESSE. Giovanni Antonio del Balzo Orsini e Isabella d’Aragona. Dalla conoscenza storica allo storytelling culturale.

di Pino Gadaleta

I turisti che approdano a Bari, per mare e per terra, spesso, si affidano a guide turistiche, che li accompagnano per i vicoli della città vecchia facendo respirare loro la cultura storica, testimoniata da chiese, piazze e palazzi, alternata a  quella suggestiva, popolare e tradizionale delle baresità tipica delle “strascinate” (orecchiette) casalinghe, predisposte delle massaie al di fuori degli usci.

La visita standard, il cosiddetto tour della città (sightseeing), solitamente, inizia dal castello normanno-sforzesco, dove era ubicata la porta regia, di origine medievale, poi prosegue per la vicina cattedrale di San Sabino, ha il suo clou nella  basilica di S. Nicola e termina in Piazza Ferrarese, passando da Piazza Mercantile. Insomma segue, per così dire un ordine cronologico, attraversando il dedalo del nucleo medievale per poi allargarsi tra palazzi e spazi urbani tipici dell’espansione edilizia rinascimentale e barocca, con appendici ottocentesche.

Vi è un periodo molto interessante e vitale della storia di Bari (1400 circa-1557), oltre quello delle Crociate, poco conosciuto nella sua interezza, quando nella città, diventata capitale di un Ducato all’interno del Regno aragonese di Napoli, si sono avvicendate signorie con personaggi storici di rilievo come Leonello Acclozamora, il primo duca di Bari, condottiero di ventura, di cui abbiamo poche notizie, mentre delle ultime duchesse, Isabella d’Aragona e di sua figlia, la regina di Polonia Bona Sforza, sappiamo tantissimo e tantissimo possiamo raccontare, grazie alle loro opere pubbliche e private nella Città Vecchia.

Ma ci fu tra gli altri il potente duca Giannantonio del Balzo Orsini (1386-1463), figlio di Raimondello e della regina del Regno di Napoli Maria d’Enghien, che fu uno dei principali protagonisti della famosa “Congiura dei Baroni” ai danni del re Ferdinando I.

Secondo quanto ci racconta il filosofo Benedetto Croce “Giovanni Antonio Orsini, principe di Taranto, fu il più potente feudatario napoletano del Quattrocento, e determinò più volte, col sostegno dato o tolto al re di Napoli, le sorti del loro regno: finché soggiacque nella prima grande congiura e ribellione dei baroni contro re Ferrante d'Aragona, il quale, nonostante che fosse con lui imparentato, lo fece segretamente mettere a morte. Le terre da lui possedute erano tante che si diceva dai contemporanei che egli poteva cavalcare da Napoli fino a Taranto senza mai toccare terra altrui” (Benedetto Croce, Aneddoti di varia letteratura, volume 1, Laterza, Bari, 1953, p. 77).

Costui dominò la scena fra il 1421 e il 1463, quando finì la sua vita ucciso per mano di un sicario del re. La sua scomparsa a Bari fu festeggiata con la distruzione da parte dei Baresi del “Fortino” di Sant’Antonio”, da lui edificato sul molo, simbolo della sua vessazione fiscale sulla città, fortino poi ricostruito dalla regina Isabella di Aragona.

Giannantonio, come anticipato dal Croce, era un potente feudatario che possedeva gran parte dei territori del Regno tra Salerno e Terra di Otranto, infatti fu principe di Taranto, duca di Bari, conte di Lecce, di Acerra, di Soleto, di Conversano e di Matera.
Si distinse per aver organizzato il primo scontro di quella che fu chiamata la “Congiura dei Baroni” tra 1459 e 1463 contro il re Ferrante.

In verità, grazie all’amministrazione angioina, il regno di Napoli aveva potenziato la feudalità locale lasciando al demanio della corona una parte marginale dei territori. Con l’avvento degli Aragonesi il re Ferdinando I (Ferrante) attuò una strategia per recuperare feudi, per questo i baroni ribelli, guidati in un primo momento dall’Orsini del Balzo e poi da Girolamo Sanseverino si riunirono nel settembre del 1485 per tentare la via della pace con il Re, respingendo le sue mire, in un episodio storico che vede protagonista il Castello di Miglionico, detto da allora del “Malconsiglio”, a pochi chilometri da Matera.

Apparentemente, Ferdinando I riuscì ad accordarsi con i baroni, ma in realtà fu tutto un inganno, perché questi, invece, guadagnavano tempo per prepararsi meglio alla lotta. In particolare, tentarono, senza riuscirvi, di rapire il re che, a sua volta, per non trovarsi solo di fronte agli avversari nel caso di fallimento delle trattative, si alleò con Lorenzo de’ Medici e Ludovico il Moro.

La “Congiura dei Baroni” del 1485 segnò profondamente il Regno di Napoli che versava in condizioni d’impoverimento generalizzato, mentre nel frattempo si sviluppava una borghesia “loricata” (militare) che premeva sul re per ottenere privilegi e riconoscimenti.

Ferrante, però, aveva intenzione di regolare i conti in modo definitivo con i baroni ribelli e il 13 agosto del 1486 li invitò tutti al matrimonio di sua nipote Maria Piccolomini, in Castel Nuovo a Napoli. Furono accolti in pompa magna e, quando furono riuniti tutti nella Gran Sala, il castellano, chiuse le porte  e li dichiarò tutti in arresto. Le prigioni di Castel Nuovo non furono sufficienti per contenerli tutti, tanto era il numero dei congiurati. Qualcuno in seguito fu giustiziato.

Lo stratagemma di invitare i baroni a una festa di matrimonio fu poi utilizzato nello stesso periodo in cui Caterina dei Medici era reggente sul trono di Francia, e sappiamo che sfociò nella “Notte di s. Bartolomeo”, il 23 e il 24 agosto 1572, in cui si perpetrò una strage di Ugonotti da parte della fazione cattolica.

Giannantonio del Balzo Orsini, protagonista della prima fase della Congiura, fallito il primo tentativo di ribellione al re, si rifugiò nel castello di Altamura nel 1463 dove fu strangolato da Paolo Tricarico, sicario del sovrano. Non avendo eredi i suoi beni furono incamerati dal regio demanio. Per l’aiuto ricevuto da Lodovico il Moro, il Ducato di Bari fu assegnato, quindi, da Ferrante a quest’ultimo.

Ludovico non venne mai a Bari e lasciò ad un suo emissario la amministrazione della città, anzi si lamentò che a Bari non ci fosse un artigiano in grado di riprodurre fedelmente lo stemma degli Sforza. Per sancire l’alleanza tra gli Aragonesi di Napoli e la corte milanese degli Sforza, Isabella di Aragona fu promessa sposa a Galeazzo Sforza, erede del ducato milanese, ma poi, fu probabilmente avvelenato dallo zio Ludovico il Moro, suo tutore. Quest’ultimo divenne signore della potente e fastosa corte sforzesca milanese.

ll matrimonio tra Isabella d’Aragona e Gian Galeazzo fu celebrato per procura a Napoli nel 1488. Il suo arrivo a Milano con il marito fu celebrato dai versi del Bellincioni e la festa nuziale fu organizzata da Leonardo da Vinci (Festa del Paradiso), che tanto stupì i contemporanei. Ludovico il Moro, per ragioni politiche, lasciò il ducato di Bari che venne “assegnato” a Isabella di Aragona.

Isabella, dopo alterne vicende, prese possesso del ducato di Bari (1501-1524), stabilendosi con la figlia Bona Sforza  nel castello che adeguò ai criteri bellici dell’epoca, trasformandolo al contempo in una fastosa dimora rinascimentale, che oggi ammiriamo.

La duchessa portò a Bari una ventata di ricchezza culturale rinascimentale maturata a Milano, molto si adoperò per la città e i Baresi. Vestita di nero, si firmava “duchessa di Milano, duchessa di Bari, unica in disgrazia”, per rammentare la sua sorte di vedova e di madre che aveva perso tre figli. A lei furono affidati i figli di Lucrezia Borgia e di Prospero Colonna, un suo grande “estimatore”.

Curò a Palo del Colle un allevamento di razze equine celebri in tutta Europa, aprì la città ai mercanti insediando una trentina di società commerciali forestiere, provenienti dal nord. Attenta a frenare gli abusi amministrativi, pubblicò una “Pandetta” per frenare la corruzione di giudici e magistrati. Sensibile alla crescita culturale del suo ducato, fondò l’Accademia degli Incogniti, favorì l’istruzione dei ragazzi attraverso accordi con i conventi. Organizzò il matrimonio della figlia Bona Sforza con il re di Polonia.

Morì di idropsia nel 1524, la tomba è posta in S. Domenico Maggiore a Napoli.

La storia del Ducato di Bari merita, perciò, una conoscenza approfondita per un efficace racconto, mentre si conduce una visita guidata culturale passeggiando nella Città Vecchia del capoluogo della Puglia.

 

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